Imu, ipotesi sconto su negozi e fabbriche

da | 09 Luglio 2013 | Normative, Senza categoria

ROMA – Non solo l’Imu sulla prima casa: la riforma della tassa sugli immobili che dovrà essere varata entro il 31 agosto conterrà sicuramente anche interventi per agevolare capannoni, negozi, terreni, ovvero «gli immobili strumentali che sono la prima casa di voi imprenditori», come ricorda il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato parlando a margine dell’assemblea degli imprenditori di Torino. Quasi un richiamo agli impegni del governo, che ha già tracciato una strada nel testo del decreto legge che ha cancellato la prima rata dell’Imu sulla prima casa: la deducibilità fiscale della tassa su tutte quelle proprietà, capannoni ma anche terreni agricoli, in uso alle aziende. Esclusa cioè la possibilità di abolire del tutto la tassa su questi beni, ipotesi che costerebbe nove miliardi, si offrirebbe la possibilità agli imprenditori di usufruire di un’importante detrazione per alleggerire i costi del lavoro. Anche perché, a parte quelle pensate per specifici settori produttivi o territoriali, le imprese non godono di particolari agevolazioni fiscali. E l’opportunità offerta ai Comuni di destinare un’aliquota agevolata (lo 0,4%) per gli immobili destinati ad attività produttiva è praticamente caduta nel vuoto: solo pochi enti l’hanno adottata.

 

Quindi, è sempre più plausibile lo sgravio deciso per legge. Una agevolazione su cui Pd e Pdl potrebbero trovare l’accordo già domani, nella cabina di regia che si riunisce alle 8.30 nella sala degli Arazzi a palazzo Chigi. L’incontro operativo, a cui parteciperanno i capigruppo di maggioranza, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Filippo Patroni Griffi, il ministro per i Rapporti col Parlamento Dario Franceschini, e i ministri al Lavoro Enrico Giovannini e quello all’Economia Fabrizio Saccomanni, ha all’ordine del giorno il decreto occupazione e le coperture sul rinvio di tre mesi del rincaro dell’Iva. Si parlerà degli incentivi per il lavoro, della possibilità di aumentarli e delle forme di lavoro flessibile da introdurre in vista dell’Expo di Milano. «I giovani che non lavorano e non studiano, i cosiddetti Neet, costano all’Italia 25 miliardi di euro, pari all’1,8% del Pil», ricorda il ministro Giovannini.

Ma di fatto cercare le coperture per l’Iva significherà scoperchiare il pentolone fumante dell’Imu sulla prima casa, che potrebbe costare dai 2 ai tre miliardi. E quindi trovare la quadratura del cerchio sulle coperture. L’ipotesi del ministero del Tesoro di anticipare il pagamento intero di Irpef, Ires e Irap sembra sempre meno fattibile, alla luce delle proteste trasversali. Daniele Capezzone, presidente della commissione Finanze alla Camera, sostiene di avere «tre, quattro, forse cinque soluzioni che non comportano rincari sui contribuenti, e che vanno a incidere effettivamente sugli 800 miliardi della spesa pubblica nazionale, altro che Imu su prima casa e terreni agricoli, che insieme valgono appena sei miliardi, lo 0,75%». Ma le rivelerà solo al governo, su richiesta. Nell’eventualità di un balzello sulle sigarette elettroniche, i produttori oggi scendono in piazza contro «una decisione iniqua che pone un’imposta di consumo del 58,5%, in aggiunta all’Iva al 21%».

Ma, che la tassa diventi realtà o meno, si tratta comunque di rivoli. Il vero banco di prova per risollevare il Paese è l’abbattimento del cuneo fiscale, invocato ieri anche dal presidente di Confindustria Giorgio Squinzi. Su come alleviare l’enorme peso delle tasse sul costo del lavoro (arrivato secondo l’Ocse al 47,6% per un single senza figli) se ne parlerà seriamente in autunno, con la legge di stabilità. È già evidente che «sarà uno sforzo enorme – spiega Carlo Dell’Aringa, sottosegretario al Lavoro – che costerà almeno dieci miliardi. Ma necessario, perché non si può andare avanti senza dare una scossa forte alla domanda aggregata».

Attualmente le tasse che gravano sulla busta paga sono divise tra contributi sociali (cioè quelli pagati da imprese e lavoratori per la sicurezza sul posto di lavoro, le assicurazioni contro la disoccupazione, e così via), Irpef (a carico dei lavoratori) e Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive, che è proporzionale al fatturato e va per il 90% alle regioni per finanziare il fondo sanitario nazionale. Per cominciare ad abbassare di qualche punto la pressione fiscale sul lavoro, il governo sta studiando l’ipotesi di «ridurre le aliquote fiscali dell’Irpef in corrispondenza dei redditi medi dei lavoratori, cioè quelli tra i 25 mila e i 30 mila l’anno», spiega Dell’Aringa, e di agire sull’Irap, che è calcolata attualmente al lordo dei costi per il personale:«Togliendo il costo del lavoro dall’Irap saremmo alleggeriti notevolmente», dice il sottosegretario. Tempi previsti? «I tempi sono imposti dalla crisi che ci morde, non possiamo continuare a finanziare l’inattività, dobbiamo finanziare il lavoro». I soldi si dovrebbero «raccattare» tra spending review, lotta all’evasione, abbassamento dei costi standard, centralizzazione degli acquisti della Pubblica amministrazione, e vendita del patrimonio pubblico: «Va fatto tutto – conclude l’economista – pur di rimettere in moto il Paese».